Dopo qualche mese dall'uscita del disco d'esordio "Swordwind",
già recensito da Rock Metal Essence, abbiamo contattato Francesco
Natale, chitarrista, ed Elena Ventura, cantante, degli Stormwolf,
per conoscere meglio questa nuova realtà musicale ligure.
- Ciao ragazzi! Benvenuti sulla pagine on line di Rock Metal Essence!
FN:
Ciao!
EV:
Ciao!
- La band è nata come progetto del chitarrista ed unico compositore
Francesco Natale; come hai scelto gli altri componenti del gruppo?
FN:
Conosco Mark Castellaro (bassista - nda) da quasi 20 anni. Ci
incontrammo per caso fuori da un negozio di dischi a Genova,
scambiammo qualche parola e capimmo al volo di avere "feeling"
musicale reciproco. Appena lo sentii suonare in sala prove compresi
immediatamente di aver trovato un musicista dalle doti non comuni,
harrisiano fino al midollo nonché munito di notevoli capacità come
arrangiatore. La prima sera che suonammo assieme finimmo per
smantellare un cantiere stradale aperto dopo aver ingollato ettolitri
di whisky: un ottimo inizio senza dubbio! Per anni abbiamo
estemporaneamente collaborato a svariate faccende, tra cover band e
demo, ma senza arrivare mai a un dunque, fino a che non sono nati gli
Stormwolf. Jack l'ho conosciuto praticando Karate con suo padre: una
vera rivelazione. Giovanissimo eppure molto serio, preparato, dotato
di una energia e di una tecnica formidabili nonostante i suoi 18 anni
appena compiuti. Suona con me nei "Burnout", cover band
HM/HR.
- La singer Elena Ventura vanta una vasta esperienza musicale in altri
generi, e, per la prima volta, si è cimentata in un progetto heavy
metal. Com'è nata questa collaborazione inaspettata?
FN:
Elena... è stata una rivelazione ai limiti del misticismo: cercavo
da almeno due anni una cantante in grado di stupirmi e, soprattutto,
capace di dare tridimensionalità, corpo, anima e sostanza ai pezzi
su cui stavo lavorando. Non avendo trovato nulla che mi soddisfacesse
appieno stavo per mollare il colpo, poi... il miracolo: curavo la
presentazione di un libro a Rapallo e l'associazione che
sponsorizzava la serata la ingaggiò per intrattenere gli invitati
durante la cena post-evento. La vidi, bella come il Sole, tacco 12 e
spacco assassino sul vestito argentato e mi chiesi: "Chi è 'sta
qui?". Appena iniziò a cantare, un repertorio per altro
lontanissimo dai miei gusti che spaziava dal pop al sanremese, ogni
eventuale afflato di concupiscenza si dissolse: mi lasciò a bocca
aperta per tecnica, capacità interpretativa e per il suo modo
incredibile di "tenere il palco" in un contesto tutt'altro
che facile. Il Caso (che non esiste, evidentemente...) volle che
fosse seduta a fianco a me durante la cena: senza por tempo in mezzo
le chiesi se aveva mai cantato Heavy Metal. Mi disse "No".
Le risposi "Dovresti". Feeling immediato, tre settimane
dopo eravamo in studio. Il resto è storia.
EV:
Hahahahahahahahaahahahahaha! Si, fondamentalmente è andata così.
Francamente non mi sarei mai aspettata di trovare un "ingaggio"
del genere durante una serata improntata al piano-bar, ma... il bello
della Musica è anche questo: tutto può accadere. E, quindi,
accade. Da un un minuto all'altro, senza fronzoli, menate,
schermaglie o lunghe elucubrazioni. Lì per lì rimasi stupita, forse
pure spaventata: non capita tutti i giorni che qualcuno mai visto o
conosciuto ti chieda di punto in bianco di registrare un disco,
specialmente se provieni da un ambiente, quello del jazz/funk, in
apparenza molto lontano da "Stormwolf". Ma, appunto, si
tratta soprattutto di apparenza: vinto il comprensibile
disorientamento iniziale mi sono resa conto progressivamente che i
miei studi e le mie esperienze, fondamentalmente improntate al jazz,
hanno trovato un nuovo spazio espressivo nel contesto Heavy Metal,
aiutandomi anziché intralciarmi a intuirne, viverne, sentirne dentro
l'energia incredibile che questo genere porta con sé. E' stata
un'esperienza straordinaria, formativa e, soprattutto, molto
divertente!
- Ci puoi raccontare come sono nate le composizioni originali?
FN: Alcuni brani risalgono, in forma embrionale, a svariati anni fa: li
ho rimaneggiati quasi da zero riadattandoli alla voce di Elena,
espandendone la struttura o, al contrario, semplificandola a seconda
delle esigenze in fase di arrangiamento vocale. Il pezzo più recente
in assoluto è "Winter of the Wolf", scritto ed arrangiato
praticamente in studio.
- E' da poco uscito il vostro esordio “Swordwind”. Potete
riassumerci la proposta musicale che vi contraddistingue e
descriverci cosa ci dobbiamo aspettare dall'ascolto del disco?
FN: Se dovessi riassumere in un "motto" la nostra proposta la
definirei così "Innovativa Tradizione". Personalmente
rispetto molto chi si occupa seriamente di musica sperimentale, di
"crossover" tra generi (i KMFDM restano, specie i primi,
una pietra miliare della musica contemporanea per me), di individuare
"nuove strade". Ma per quanto trovi certune proposte
piacevoli all'ascolto non mi interessa o non sono in grado di
comporre sulla base di tali canoni: preferisco ricercare potenza e
melodia seguendo la "bibbia" della NWOBHM senza dimenticare
gli influssi fondamentali e permeanti di certo HM americano, come
quello dei Crimson Glory, dei Dokken, di Lizzy Borden. Tra le fonti
di ispirazione in senso lato non "canoniche" non posso non
citare i Rockets, Francesi inventori dello "Space Rock" e,
parrà strano, le colonne sonore dei videogames usciti negli anni '80
e '90 (Gray, Morgan, Whittaker per citare i primi che mi vengono in
mente).
EV:
Ok, a parte il fatto che vorrei capire almeno la metà di quello che
il mio chitarrista stralabia (ride - nda), la mia personale
impressione è che la nostra cifra distintiva sia la fusione tra il
muro di suono che gli strumenti generano attraverso riff di chitarra
serrati, sezione ritmica "inesorabile" e la venatura Blues
e melodica che caratterizza gli arrangiamenti vocali. Provate per
credere!
- L'album contiene tre cover, rispettivamente di Saxon, Loudness e
Warlock. Possiamo citare queste band tra quelle che vi hanno
influenzato? Ce ne sono altre?
EV: Sicuramente! Almeno, li considero ormai mia influenza da quando li ho
scoperti grazie a Francesco! La cosa non è di poco conto: mi hanno
aiutato ad avvicinarmi e capire un genere a me prima quasi
sconosciuto e, soprattutto, mi hanno aperto un mondo riguardo all'uso
"ritmico", non solo "melodico" della voce. Cose
che, teoricamente conoscevo avendo studiato Jazz, ma che non avevo
ancora messo in pratica in questi termini. E la pratica, è il caso
di dirlo, cambia davvero tutto: è la differenza che intercorre tra
il guardare una foto dell'Everest e recarsi di persona in Himalaya...
FN:
Influenze ce ne sono a bizzeffe, senza dubbio. Se dovessi ridurre a
tre le band che mi hanno "segnato" citerei in primis i Van
Halen, perché se ho preso in mano la sei corde la "colpa"
è senza dubbio di Eddie, l'Olandese Volante. Quindi i già citati
Rockets, sia per l'assoluta qualità delle loro composizioni che per
la indiscutibile perizia tecnica dei singoli strumentisti (Gerard
L'Her è ancora oggi un bassista fuori parametro: e affanculo chi
dice che il basso non si suona col plettro...) e, in ultimo, i Venom,
i quali in maniera caciarona, energica, autoironica come nessuno mai
prima o dopo di loro, hanno spostato in avanti di vent'anni le
lancette dell'orologio HM!
- Un brano che mi ha particolarmente colpito per la sua atmosfera e per
la complessità della struttura è la strumentale “Thasaidon”.
Ce ne volete parlare?
EV: Non parlo di strumentali, anche se percepisco royalties pure su
quelli! (ride - nda).
FN:
Thasaidon è il pezzo più "arcaico" del lavoro: la composi
mentre ancora militavo, un secolo fa, negli "Intingado", il
primo gruppo in cui suonai e al quale rimasi legato per 7 anni. La
versione attuale è completamente riarrangiata, dall'intro alle
armonizzazioni finali, anche perché la versione originale prevedeva
l'apporto di un tastierista. Ho preferito ricostruirla "guitar
only" e snellirne la struttura, che resta comunque imponente e
complessa. Forse è il pezzo più "prog" del disco, per
melodie e cambi di tempo. Il titolo è preso pari pari dall'opera
letteraria di Clark Ashton Smith, autore americano contemporaneo (e
amico) di R.E. Howard (autore di Conan) e di H.P. Lovecraft.
Thasaidon è l'arcidemone signore degli inferi nel mondo di Zothique,
ambientazione di numerosi racconti decadenti, terebranti, ossianici.
Ultimo continente della Terra che giace, circondato dalle acque,
sotto un sole morente e sanguigno, nel quale tecnologia e civiltà
sono regredite ad una ucronica "epoca classica" mentre la
magia e la negromanzia si sono risvegliate...
- L'album è stato registrato presso il MusicArt Studio di Pier
Gonella. Come vi sietre trovati a collaborare con il guitar hero
ligure?
FN: Conosco Pierangelo da decenni: abbiamo frequentato lo stesso Liceo e
ci siamo ritrovati assieme all'Università. Già allora, quando lui
aveva non più di 15 anni, eravamo tutti estremamente colpiti da
questo giovane artista schivo, disponibile, tranquillo che in tempo
zero si macinava i riff più improbabili e difficili di Iron Maiden,
Joe Satriani, Yngwie Malmsteen (rimase storica una nostra jam
notturna su "Black Metal" dei Venom perpetrata nel mio
monolocale per la quale dobbiamo ringraziare Dio se non fummo
denunciati...) e, in assoluta nonchalance, faceva ad una sei corde
cose innominabili! Un artista straordinario che riesce davvero a
pensare la Realtà in Musica: ricordo ancora, stupito ed ammirato, i
suoi esperimenti giovanili fatti con primordiali sequencer che
spaziavano dalla Techno all'Ambient (che, per altro, riscossero
notevole successo sui primi canali di digital download). Non solo
Heavy Metal, quindi: Pier è stato allora ed è oggi musicista a 360
gradi. La varietà infinita degli stimoli che egli ha saputo cogliere
coniugata ad una insaziabile curiosità nei confronti della Musica
nelle sue innumerevoli sfaccettature ne fanno, dal mio punto di
vista, il sound-engineer ideale: Pier trova sempre una risposta, una
soluzione, un'idea per dare corpo a quello che il musicista del caso
ha in mente, e che spesso è troppo confuso o ingarbugliato. Ebbene,
lui trova sempre il bandolo della matassa, e in scioltezza lo
svolge...
EV: Mi sono sentita assolutamente a mio agio registrando con Pier.
Capisce al volo situazione, momento, temperamento di chi ha davanti
e, senza sforzo apparente, lo mette in condizioni di esprimersi al
meglio. E' stato inoltre molto educativo per me lavorare in prima
persona su arrangiamenti, cori e armonizzazioni, seguendo i suoi
suggerimenti sempre forniti in maniera umile ma puntuale. Non parla
mai a sproposito e, quindi, quando parla è utilissimo e prezioso
ascoltarlo.
- Sebbene gli Stormwolf siano nati come band da studio, avete in
progetto di portare l'album anche dal vivo?
FN: Si, indubbiamente. Abbiamo necessità di integrare la line-up con una
seconda chitarra e, possibilmente, un/una corista. Stiamo valutando
proprio in questi giorni diversi candidati potenziali per riprodurre
nella maniera più fedele possibile l'impatto e la "densità"
del disco. Penso realisticamente che prima della fine dell'anno
potrete ascoltarci anche dal vivo. E spaccare tutto.
EV: Lo spero e lo voglio ardentemente. Non vedo l'ora di scatenarmi su un
palco e sentire quell'energia tipica del live che sale dalla punta
dei piedi fino alla cima dei capelli, quell'energia che si scatena
quando la Musica la senti nel ventre prima ancora che nelle
orecchie...
- Avete già iniziato a preparare i brani per il secondo album della
band? Anche questa volta la leadership rimarrà esclusiva di Natale o
sarà un lavoro aperto alle proposte degli altri membri?
FN:
Si, stiamo già lavorando a nuovo materiale. Ho già registrato
alcune basi e, in contemporanea, sto riarrangiando talune cover
"strane". E' possibilissimo che il nostro prossimo lavoro
originale sia preceduto da un EP tributo... molto "particolare",
sul quale per adesso non dico nulla di più. Per ora stiamo lavorando
su materiale mio, ma non esiste alcuna preclusione nei confronti di
proposte degli altri membri.
EV:
Non saprei. Non mi dice mai nulla. Ho il sospetto che mi tenga solo
perché sono decorativa... (ride - nda).
- Francesco, tu hai una grande esperienza nella scena musicale
italiana, su cui ti sei affacciato già negli anni '90 con gli
Intingado. Cosa ti ricordi con maggiore piacere di quell'epoca?
FN:
Hahahahahaha! Grazie per la "grande esperienza"
Alessandro... Diciamo che ricordo un'infinità di situazioni
divertenti e più o meno altrettante incazzature. Dovessi definire
quell'esperienza, comunque lunga (7 anni...) e formativa, in una
parola forse direi "spensieratezza": entrai negli Intingado
quando avevo 15 anni. Superammo la comune inesperienza con un
"metodo" di lavoro ai limiti del delirante, oggi si
direbbe: buttavamo tutto, ma proprio tutto nel calderone, per poi
"decantare" e "distillare", prova dopo prova,
quello che ci pareva buono, separandolo dalla VM (vera merda -nda-).
Incredibilmente, spesso e volentieri il processo funzionava. Eravamo
cinque personalità assai diverse e tutte piuttosto "toste":
le discussioni e le liti, inutili per lo più, non si contavano. Ma
il risultato pagava, almeno per i primi 3/4 anni. Allora si era tutti
convinti dell'assioma in base al quale "cinque teste che pensano
sono meglio di una": oggi, se vuoi anche e specialmente in virtù
di quell'esperienza, la penso in maniera radicalmente diversa. Siamo
rimasti comunque in ottimi rapporti, specie col primo cantante, Carlo
Faraci, oggi stimato singer HM (e chitarrista eccellente, per altro)
e col tastierista Andrea Tremaroli. E', piacevole, in ogni caso,
vedere o sentire numerosi vecchi fans che invocano una reunion con
conseguente disco... si vedrà...
- Quali sono le principali differenze tra la scena di allora e quella
attuale?
EV:
Hey! Io sono nata nel 1986!
FN:
Le differenze? Una volta avrei detto, sconsolato e nostalgico,
innumerevoli. Oggi dico: solo una. La qualità media delle band è
sensibilmente superiore oggi. Se ciò dipende dai nuovi "media"
a cui i musicisti hanno accesso oggi (roba impensabile per "noi"
all'epoca: ricordo ancora le preghiere accorate rivolte ad uno
scalcinato Atari ST PRESTATO da un amico per redigere la notazione
delle nostre canzoni...) o da una diversa "attitudine"
(ODIO questo termine... ma tant'è...) non saprei, ma non nutro
particolari nostalgie nei confronti della scena musicale di "allora".
Certo: esistevano più posti dove suonare. Esisteva più pubblico,
forse. Anche le manifestazioni musicali erano più numerose e
visibili. Ma c'era anche una sorta di "fissità", di
"conservatorismo" sconfitto ed estenuato, almeno in
Provincia. Genova, ecco, si, presentava una scena più vitale,
dinamica, divertente, anche al di fuori del contesto Metal in senso
stretto: ricordo ancora band come La Rosa Tatuata, oggi ancora attivi
e, giustamente poiché bravissimi, lanciati, Le Cattive Compagnie, i
Noooo! Squad, i Full Stop. Non c'era Venerdì o Sabato sera durante i
quali non si potesse assistere a 3 o 4 concerti, passando da un
locale all'altro fino alle 3 del mattino in assoluta tranquillità.
Questo, sicuramente, non esiste più. Le condizioni disastrose in cui
versa il cosiddetto "centro storico", in termini di
sicurezza e decoro, certo non giovano. Ma il problema non è solo
genovese: giusto oggi ho visto le foto degli ex Transilvania e
Rainbow a Milano, locali storici che hanno ospitato band fuori
parametro (Accept, Angra, Gamma Ray etc etc), ora trasformati in
parcheggi o appartamenti... Un'Epoca è evidentemente finita.
- E' giunto il momento dei saluti. Grazie per il tempo che vi avete
dedicato!
EV:
Grazie a voi!
FN:
Grazie Mille! Stay Brutal! Comunque.
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